Per possedere tutte le app e gli aggiornamenti sul proprio smartphone serve conoscere bene le linee guida: ecco la grande sorpresa
La tecnologia negli ultimi anni ha fatto passi da gigante. Solo dieci anni fa non era neanche immaginabile pensare di poter effettuare alcuni procedimenti solamente utilizzando il proprio smartphone. Ora, invece, tutto è diventato automatico e sui cellulari ogni persona ha qualsiasi dato personale. Non solo il telefono viene utilizzato per parlare, chattare, navigare o fare foto e video in risoluzione sempre migliore, ma anche effettuare pagamenti, accedere ai servizi bancari e tante altre funzioni che sono ormai di uso quotidiano.
E per garantire tutte queste funzionalità, ormai, ogni azienda possiede una propria app. Per questo motivo gli utenti, una volta scaricata l’applicazione desiderata sul proprio smartphone o IPhone, devono sempre tenere sott’occhio rispettivamente Google Play Store o Apple Store. Gli aggiornamenti delle app, infatti, sono all’ordine del giorno e gli ingegneri sono continuamente al lavoro per implementare le funzioni ai propri utenti. Ma proprio per l’importanza dei dati che si possiedono ormai sui cellulari è anche fondamentale la sicurezza. Per questo Google, negli scorsi mesi, ha introdotto Play Integrity API il sistema che verifica l’integrità di dispositivi e app su Android per prevenire frodi, malware e modifiche non autorizzate. La modifica più impattante riguarda la nuova “strong integrity”, che consente agli sviluppatori (soprattutto di app bancarie e di pagamento) di richiedere il rispetto di standard di sicurezza più elevati. Se attivata, un’app potrà avviarsi solo su dispositivi con Android 13 o superiore e aggiornati negli ultimi 12 mesi. Inoltre, Google offre un nuovo “app access risk verdict”, disponibile solo per app scaricate dal Play Store, escludendo il sideload.
Secondo le ultime indiscrezioni, però, dopo un paio di mesi iniziano a vedersi i primi effetti del nuovo sistema: le nuove Play Integrity API hanno debuttato all’interno dell’app di una banca indiana, la Punjab National Bank sollevando le proteste degli utenti. L’implementazione fatta dagli sviluppatori al momento è “light”: ogni volta che una persona apre l’app della banca si trova davanti all’elenco delle app che sono state caricate in sideload o scaricate da store di applicazioni differenti dal Play Store di Google. L’app della banca si limita al momento a chiedere all’utente di controllare ogni singola app, di valutare la sua sicurezza e di disinstallare l’app se non la ritiene sicura: se l’utente prosegue può continuare ad usare l’app come se nulla fosse. L’app della Punjab National Bank sfrutta una delle funzioni in assoluto più controverse e dibattute delle nuove Play Integrity Api, ovvero l’“app access risk verdict”: il telefono può ricevere un responso di sicurezza completo solo per le app installate da Google Play pertanto non potrà sapere, deve essere l’utente a dirlo, se le altre app sono sicure o meno.
Se qualcuno dovesse chiedersi per quale motivo l’app di una banca debba preoccuparsi delle altre app la risposta è semplice: un’app di terzi potrebbe essere usata per controllare il traffico di rete dell’app della banca, o per leggere i dati digitati sullo schermo quando si usa l’app della banca. Insomma, è una forma di tutela. Che al tempo stesso spinge l’utente Android verso un’idea: le app sicure si trovano solo sul Play Store. Sappiamo che non è così: Samsung ha un’app store e anche le sue app sono sicure quanto quelle di Google.
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